Vaxxed: big Pharma e la censura nei confronti del dr.Wakefield

Il FILM titolato  “ Vaxxed: From Cover Up To Catastrophe”  che riporta lo scandalo in cui è stato coinvolto il Dott. Andrew Wakefield con l’accusa di aver pubblicato dati fraudolenti sulla relazione autismo/vaccini,è andato in onda l’1 aprile presso l’Angelika Film Center di New York.

E’ stato registrato un “Sold Out” in diverse sale e per svariati giorni.

Condividiamo la dettagliata intervista del Dottor Andrew Wakefield. La risposta ai dubbi e alle diffamazioni che circolano da troppo tempo.

Vacciniinforma ringrazia le preziose collaborazioni con i produttori,giornalisti e genitori attivi in questa causa.

La visione e` raccomandata a tutti
Ringraziamo per la traduzione la preziosa Francesca Alesse.

vaxxed

Nonostante la censura,la proiezione è stata un successo che ha registrato il sold out per diverse sere consecutive.

Questo dimostra una cosa,la censura non viene più tollerata.

Il film Vaccinati: dall’occultamento alla catastrofe” riguardante l’insabbiamento di dati vitali, commesso dai CDC di Atlanta, in merito a uno studio del 2004 che, se fosse stato pubblicato con i dati reali, avrebbe collegato causalmente il vaccino trivalente MMR [morbillo-parotite-rosolia] all’autismo.

Il film riporta grazie al  Dr. Andrew Wakefield, e al suo regista, diverse interviste e studi,citando le fonti e riportando testimonianze reali,con nomi e volti dei genitori di bambini danneggiati da vaccino MMR.

wakefield film

Ricordiamo gli accadimenti.

Le ultime notizie davano per certa, la visione dello stesso film grazie ad “Angelika Film center” la quale ospiterà  ospiterà Vaxxed  i biglietti saranno messi in vendita a partire da  Mercoledì 30 marzo 2016.

wake

L’anteprima del film sarà il primo di aprile. Coloro che sono interessati a guardare  il film nelle loro città dovranno iscriversi a VaxxedTheMovie.com mandando loro una mail con la suddetta richiesta.

Al Tribeca Film Festival non parteciperà Vaxxed: From Cover-Up to Catastrophe, il film documentario che ripropone il collegamento supportato da fonti e studi (volutamente occultati) tra vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (Mmr) e autismo.

Robert De Niro, cofondatore della manifestazione e coinvolto direttamente nella malattia (è padre di un ragazzo affetto da autismo), aveva sperato che il film potesse contribuire al dibattito in materia,invece come accade nelle migliori partite, ha passato ad altri la palla.

Ovviamente di parte,la stessa Bbc, riferisce che la visione del film insieme ad alcuni scienziati avrebbe fatto decidere loro della sua esclusione dal festival.

Interessante la posizione di De Niro il quale repentinamente cambia il suo pensiero ,sopratutto dopo l’incontro tra lo stesso De Niro e Bill Posey (il quale pur essendo provaccino,ha dichiaratamente espresso il suo dissenso sul principio di trasparenza non rispettato dalle multinazionali e dal governo americano nei confronti dei cittadini inconsapevoli di tutto).

Vaxxed, un Film che il dr. Wakefield , medico che nel 1998 propose il legame tra vaccino e autismo  ha diretto e contribuito a scrivere.

Ricordiamo che nonostante il silenzio del dr.Wakefield,in questo tempo, lo scenario su questa correlazione è stata riaperta dal Dr. Steve Walker e colleghi,i quali  perseguendo la metodologia di Wakefield, mostrano delle variazioni molecolari nei tessuti intestinali dei bambini con diagnosi di autismo (fonte alla fine).

Alla notizia dell’esclusione del film dal festival Wakefield e il produttore hanno commentato: “Abbiamo appena assistito a un altro esempio del potere di big Pharma”.

(Di seguito la video intervista di entrambi)

VAXXED producer Del Bigtree UNCUT full interview with ABC World News

Di seguito l’intervista al produttore del film censurato,condotta dall’ ABC Word News.

Ovviamente,la maggioranza della popolazione ha iniziato a comprendere la reale censura protrattasi da anni nei confronti del dr. Wakefield ,alimentando così, la voglia di conoscere i suoi studi e puntando il dito contro la troppa superficialità e la poca preparazione dei medici nei confronti di innumerevoli vittime del sistema.

De Niro invece avrebbe giustificato così la sua decisione: “Il Festival non cerca di evitare o rifuggire le polemiche. Tuttavia, abbiamo dei problemi con alcune cose di questo film tali da impedirci di presentare nel programma del Festival”.

Un fatto è chiaro come il sole.

Lo stesso De Niro,rappresentante di Tribeca ha ceduto alle pressioni esercitate dalle forze pro-vaccino,  per le quali non verrà mostrato e mandato in visione questo documentario.

Nonostante lo stesso produttore lotti perchè ciò venga cambiato,un fatto è certo: Il Dr. Wakefield è un pericolo per l’industria farmaceutica e le multinazionali.

Dalla pagina facebook di Vaxxed: From Cover-Up to Catastrophe,si legge quanto segue:
Sabato, 26 marzo 8:30 pm pst
“Ad oggi, riguardo al tribeca film festival, c’è la decisione di insabbiare e censurare il suddetto documentario.
Le accuse contro questo film sono le stesse perpetrate da sempre nei confronti del Dr. Wakefield senza dare alcun diritto di replica.

Abbiamo appena assistito all’ennesimo esempio della potenza degli interessi corporativi volti a censurare la verità.
L’ azione di tribeca non finisce qui e faremo di tutto per portare il film alla visione.

Siamo grati per le migliaia di persone che si sono mobilitate, compresi medici, scienziati, educatori e la comunità dei genitori con bimbi autistici.
Avanti tutta,noi ci impegneremo affinchè la corruzione non vinca”.

Come scritto precedentemente,troviamo alquanto strano il comportamento di De Niro, dopo un’ora di conversazione con Bill Posey (il deputato che ha interagito direttamente e a lungo con l’informatore dei CDC ,William Thompson) c’è stata la notizia della censura al festival.

Non ci stupisce affatto il comportamento di De Niro,ma non avere voce in capitolo da parte del Dr. Wakefield è a dir poco orribile.

Ancora una volta si legge una parola : CENSURA.
Ad ogni modo, Tribeca ha vinto con lo spazio di Angelika film center  e siamo sicuri che il documentario Vaxxed e la condivisione della triste realtà contenuta in esso,potrà aiutare moltissime famiglie.

Ricordiamo che lo stesso,accadde per il documentario che fece mobilitare il CDC. Questo trattava i danni del Thimerosal riportando diverse testimonianze.

Insomma,la solfa è sempre la stessa .
Ci auguriamo che questa censura finisca.

E la storia si ripete  (https://vacciniinforma.it/?p=2036)

Quando entra in colluttazione la politica

E’ davvero una guerra aperta.

CDC Scientist: ‘Abbiamo programmato un incontro per eliminare tutta la documentazione relativa alle ricerche che correlano lo studio vaccino-autismo’;
Uno scienziato dell’organo Centers for Disease Control (CDC) ha fatto un’ammissione senza precedenti;
Parliamo di Bill Posey.

I dati omessi relativi al suddetto studio,suggerivano che i maschi afro-americani che avevano ricevuto il vaccino MMR prima dei 36 mesi erano ad aumentato rischio per l’autismo. dichiarazioni del-Dr. William Thompson.
Il CDC assieme al co-autore di Thompson,il Dr. Frank DeStefano, direttore del CDC (organo di immunizzazione di sicurezza) hanno difeso lo studio controverso come originariamente pubblicato. Il Dr. DeStefano spiega perché qui in dettaglio.
Una nota finale: Posey afferma inequivocabilmente che egli è pro-vaccino.

Ascolta la dichiarazione del rappresentante Posey qui a 01:02:24

Ma non finisce mica qui…
Le prove sulla sicurezza ed i benefici dei vaccini sono provate; questa la risposta del dottor Vivek Murthy che ha voluto rispondere a voi personalmente su questo tema contro la petizione che circola da diverse settimane…

Di seguito il video

Di seguito gli allegati della Deposizione intera di Posey su Dr. Thompson e sulla storia del dr.Wakefield,un Dottore attaccato da Big Pharma nonostante le evidenze.


Le dichiarazioni di Bill Posey (provaccino) fanno drizzare i capelli :

“Mi alzo oggi in materia di integrità scientifica e di ricerca. Per cominciare, io sono assolutamente, decisamente pro-vaccino. I progressi nella vaccinazione medica hanno salvato innumerevoli vite e moltissime altre hanno grandemente beneficiato della salute pubblica. Detto questo, è preoccupante per me che in una recente audizione al Senato sulle vaccinazioni infantili, non venga mai detto che il nostro governo ha pagato oltre $ 3 miliardi con un programma di risarcimento di danni vaccino per i bambini che sono stati danneggiati dalle vaccinazioni. Indipendentemente dalla materia, i genitori prendono decisioni circa la salute dei loro figli e meritano quindi di avere le migliori informazioni. Essi dovrebbero essere in grado di contare su organi come le agenzie federali . Nel mese di agosto 2014, il dottor William Thompson, uno scienziato presso il CDC, ha fornito i documenti relativi ad uno studio del 2004il quale esaminava la possibilità di una correlazione tra la vaccinazione MMR (parotite, morbillo, rosolia) e l’autismo”.

Con l’augurio che questo sleale e spregevole comportamento dei vertici dissidenti finisca,auguriamo al dr. Wakefield e al suo staff ogni bene.

 

CORRELATI E RIFERIMENTI

IL CASO WAKEFIELD,TUTTA LA VERITA’

http://www.jeffereyjaxen.com/blog/autism-some-discussions-are-more-equal-than-others-in-america

https://tribeca-film-festival-removes-anti-vaccination-film/#

http://www.autismfile.com/uncategorized/vaxxed-the-powerful-new-documentary-the-cdc-wishes-would-just-go-away

http://www.jeffereyjaxen.com/blog/tribeca-be-damned-vaxxed-documentary-released-in-new-york-friday-april-1

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Linee guida e trasparenza? Conflitti d’interesse le influenzano

Gimbe: “Conflitti d’interesse influenzano le linee guida. Operazione trasparenza”

( FONTE ORIGINALE dell’articolo)

Linee guida, parola d’ordine “trasparenza.

gimbe

Oltre 25 anni di ricerca sulle metodologie di produzione delle linee guida hanno dimostrato che la loro qualità non è garantita dall’autorevolezza dei produttori, né tantomeno dalla loro legittimazione normativa, ma è strettamente legata al rigore metodologico del processo di elaborazione e a un’adeguata governance dei conflitti di interesse. Non si può ignorare che questi ultimi influenzano le raccomandazioni cliniche”.

Lo sottolinea la Fondazione Gimbe, che ha pubblicato la versione italiana dei principi del Guidelines International Network per la disclosure e la gestione dei conflitti di interesse, e ha assegnato una borsa di studio per valutare qualità e trasparenza delle linee guida italiane.

“Consistenti evidenze scientifiche – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione- dimostrano che il processo di produzione delle linee guida per la pratica clinica è ampiamente influenzato da varie tipologie di conflitti di interesse: per garantire integrità e credibilità delle linee guida è indispensabile un approccio sistematico alla loro disclosure e gestione”, evidenzia in riferimento al Ddl sulla responsabilità professionale, che attribuisce alle linee guida un ruolo fondamentale.

Ai conflitti economici diretti, legati alle relazioni finanziarie con produttori di farmaci e altre tecnologie sanitarie rilevanti per il tema oggetto delle linee guida – ricordano gli esperti – si affiancano anche i conflitti indiretti, come avanzamenti di carriera, incremento dell’attività professionale e prestigio sociale, ideologie e attaccamento alle proprie convinzioni.

“In un momento storico in cui le linee guida, oltre che rappresentare standard per guidare le pratiche professionali, si apprestano a orientare anche il contenzioso medico-legale – conclude Cartabellotta – è indispensabile che tutti i produttori di linee guida siano società scientifiche o agenzie governative, applichino rigorose policy per la disclosure e la gestione dei conflitti di interesse economici diretti e indiretti di tutti i componenti del panel” di esperti addetti alla messa a punto delle raccomandazioni.

Il Gin, network che rappresentata 99 organizzazioni che producono linee guida in 49 Paesi, ha di recente elaborato i principi (www.evidence.it/GIN-COI) per “una gestione trasparente e giudiziosa” dei conflitti di interesse nella produzione delle linee guida. Gimbe – membro fondatore del Gin – pubblica la versione ufficiale in lingua italiana, con l’obiettivo di “avviare un dibattito costruttivo tra politica, istituzioni, società scientifiche, professionisti e cittadini”.

Ecco i principi per portare alla luce e gestire i conflitti di interesse nelle linee guida per la pratica clinica:

1. Le organizzazioni che producono linee guida dovrebbero mettere in campo ogni strategia per evitare di includere membri con conflitti d’interesse economici diretti o indiretti rilevanti.

2. La definizione e la gestione dei conflitti d’interesse dovrebbe essere determinata prima della costituzione del gruppo di sviluppo della linea guida e si applica a tutti i membri, a prescindere dalla disciplina o dalla categoria di stakeholder che rappresentano.

3. Il gruppo di sviluppo dovrebbe utilizzare una modulistica standardizzata per la disclosure dei conflitti d’interesse.

4. Tutti i membri dovrebbero dichiarare pubblicamente i propri conflitti d’interesse economici diretti ed indiretti, che dovrebbero essere facilmente accessibili agli utilizzatori della linea guida.

5. Tutti i membri dovrebbero dichiarare e aggiornare i propri conflitti d’interesse, in caso di variazioni, a ogni riunione e a intervalli regolari

6. I coordinatori dei gruppi non dovrebbero avere conflitti d’interesse economici diretti o indiretti rilevanti. Nel caso in cui l’uno o l’altro siano inevitabili, occorre nominare un co-coordinatore senza conflitti, con il compito di guidare il gruppo di sviluppo della linea guida.

7. Esperti con conoscenze o esperienze specifiche con conflitti d’interesse rilevanti possono partecipare alla discussione su singoli argomenti, ma occorre garantire un adeguato equilibrio delle opinioni.

8. Nessun membro del gruppo, con potere decisionale sulla direzione o sulla forza delle raccomandazioni cliniche dovrebbe avere conflitti d’interesse finanziari diretti.

9. Un comitato di sorveglianza dovrebbe essere responsabile dello sviluppo e implementazione delle policy sui conflitti d’interesse.

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Progetto Prime: una valutazione accelerata per rendere disponibili nuovi farmaci ma chi protegge la sicurezza dei pazienti?

Progetto Prime: un esempio di come Ema sta spingendo per attuare un mercato accelerato. Ma a quale prezzo per i pazienti?

di Health Action International, International Society of Drug Bulletins, Mario Negri, Medicines in Europe Forum, Nordic Cochrane Centre, Wemos (per gentile concessione di InfoFarma)

Articolo condiviso da “Il Sole 24h”

Come norma generale, la legislazione farmaceutica europea prevede che, prima che un farmaco sia autorizzato, si sottoponga a «studi approfonditi che ne garantiscano sicurezza, alta qualità ed efficacia in un determinata popolazione di soggetti».

La dimostrazione con prove attendibili di benefici e rischi di un farmaco prima dell’Aic è un requisito per proteggere la sicurezza dei pazienti. Esso contribuisce allo sviluppo della medicina, richiedendo alle aziende di produrre dati clinici significativi ed affidabili.

Al fine di rendere sollecitamente disponibili nuovi farmaci l’Ue, oltre al normale regime di Aic, ha introdotto alcune specifiche procedure regolatorie. Tra esse, sono comprese «l’approvazione in circostanze eccezionali», «l’autorizzazione dell’Aic condizionata» e «la valutazione accelerata». Mentre il ricorso a sistemi di rapida approvazione è giustificato nel contesto di esigenze mediche realmente non soddisfatte, l’accesso precoce ai farmaci non deve mettere a repentaglio la sicurezza del paziente o outcome clinicamente rilevanti. Dopo tutto, anche le persone affette da una malattia rara o da una condizione di pericolo di vita meritano di disporre di farmaci approvati sulla base di prove concrete di beneficio, e non meramente su speranze o risultati ad interim di studi clinici.

Tutti i rischi di un’autorizzazione accelerata
I dati della Commissione europea (Ce) mostrano che, nel corso degli ultimi 10-20 anni, si sono drasticamente ridotti i tempi per la concessione di Aic dei farmaci. Una delle preoccupazioni maggiori è che un’autorizzazione prematura risulti a scapito di una valutazione approfondita, creando poi un numero maggiore di problemi di farmacovigilanza. Da parte di ricercatori statunitensi è stato evidenziato che taluni farmaci, approvati dopo le modifiche legislative introdotte per accelerane il processo autorizzativo, presentavano maggiori probabilità di essere ritirati o di ricevere un “black box warning” rispetto a quelli autorizzati prima di questa legge. In Canada, il 34% dei farmaci approvati tramite una valutazione di priorità ha poi ricevuto un avvertimento di sicurezza serio rispetto al 19% approvato tramite una procedura normale.

Anni di esperienza mostrano inoltre che i produttori di farmaci non riescono a onorare gli impegni post-marketing di supplire a carenze di dati (ad esempio, nel contesto di Aic condizionate), aumentando le preoccupazioni sulla sicurezza dei pazienti. L’evidenza mostra pure che i meccanismi per l’accesso anticipato all’Aic non riescono a garantire una terapia migliore. Una valutazione del bollettino indipendente sui farmaci Prescrire rivela che, tra i 22 farmaci “approvati sotto condizione” nell’Ue nel periodo 2006-2014:

-il 27% “non è accettabile” (vale a dire “prodotti senza beneficio evidente ma con potenziali o reali svantaggi”);

-il 28% presenta un “giudizio riservato” (in altri termini: un “giudizio rinviato fino a quando non saranno disponibili dati migliori ed una valutazione più approfondita”);

-il 9% presenta il giudizio“non apporta niente di nuovo”;

-il 18% solamente è “probabilmente utile”;

-un altro 18% “offre vantaggi” in modo evidente.

Un recente studio di Banzi e coll., che copre lo stesso periodo di Aic condizionate afferma che «il profilo rischio/beneficio dei farmaci autorizzati sotto condizione raramente è rassicurante e abbastanza solido per far sì che il vantaggio atteso per la salute pubblica superi il rischio di un’informazione clinicamente limitata».

Nonostante la scarsità di farmaci clinicamente superiori ad altri, le vendite farmaceutiche tra il 1990 e il 2010 si sono più che raddoppiate. La spesa farmaceutica si è altamente concentrata su terapie me-too particolarmente costose.

Secondo un rapporto 2015 dell’Ocse, la proliferazione di specialità medicinali ad alto costo, con target focalizzato su piccole popolazioni e/o per condizioni complesse, sarà uno dei principali motori di crescita della spesa sanitaria nei prossimi anni. Il rapporto rileva che, mentre alcuni di questi farmaci sono utili per i pazienti, altri forniscono avanzamenti puramente marginali. Il consolidamento di un nuovo modello di business a favore del’industria farmaceutica – il modello “nichebuster” (vale a dire, blockbuster di nicchia) – sta contribuendo ad aumentare la pressione sulle autorità sanitarie per ridurre i requisiti delle evidenze al fine di ottenere l’Aic e la determinazione dei prezzi.

I paletti da rispettare
È logico che, piuttosto che indebolire i meccanismi esistenti per l’ingresso precoce dei farmaci sul mercato, gli schemi di autorizzazione accelerati dovrebbero:

– mirare a vere necessità mediche insoddisfatte (vale a dire condizioni che colpiscono in modo significativo la qualità di vita di una persona o determinano grave morbilità o mortalità, e per le quali non esiste un trattamento medico adeguato);

– consentire valutazioni approfondite per l’Aic da parte dei regolatori;

– portare all’approvazione (condizionata) dei farmaci sulla base dei dati di studi clinici capaci di dimostrare un avanzamento rispetto ad opzioni esistenti di trattamento, e ciò su outcome importanti per i pazienti;

– essere soggetti a requisiti di farmacovigilanza rigorosi e proattivi, compresa l’applicazione di sanzioni dissuasive in caso di non conformità.

Quando l’onere della dimostrazione si trasferisce sul post-marketing
Parecchi tentativi sono stati fatti, in particolare negli ultimi 15 anni, per indebolire nell’Ue i requisiti per l’Aic. Nel 2008 la Ce, nel contesto della revisione sulle norme di farmacovigilanza, ha presentato una proposta di legge per estendere le «autorizzazioni al commercio condizionate» oltre le situazioni di esigenze mediche non soddisfatte. La Ce mirava a ridurre i costi di ricerca e sviluppo permettendo alle aziende farmaceutiche «un più rapido ritorno degli investimenti». Il Parlamento e il Consiglio d’Europa non hanno tuttavia sostenuto tale iniziativa, ribadendo invece la necessità di garantire «un rafforzamento del sistema di farmacovigilanza che non porti al rilascio prematuro di autorizzazioni al commercio». La proposta della Ce non è pertanto entrata a far parte della nuova normativa sulla farmacovigilanza adottata nel 2010.

Il passaggio a schemi di autorizzazione flessibile al mercato dei farmaci, in situazioni diverse da quelle disciplinate da sistemi esistenti di approvazione accelerata, è stato pure previsto nella Road map Ema 2015, pubblicata nel 2010. L’Ema faceva riferimento a uno schema «di autorizzazioni progressive» applicabili a situazioni «caratterizzate da popolazioni ben definite, o più ristrette, di responder ottimali, seguiti da un ampliamento delle popolazioni dopo l’autorizzazione, quando fosse disponibile un numero maggiore di dati ottenuti nella medicina reale». A supporto di questa iniziativa, le associazioni dell’industria farmaceutica europea e gruppi di pazienti sponsorizzati dall’industria stessa hanno scritto, nel dicembre 2013, alla Ce chiedendo di promuovere la La (il progetto pilota dei percorsi adattivi ). Nel mese di marzo 2014, l’Ema ha lanciato il progetto pilota dei percorsi adattivi (noto anche come La).

Lo schema dei percorsi adattativi mira a portare il farmaco sul mercato più precocemente, a partire da un’indicazione di nicchia in un piccolo gruppo di pazienti, per poi ampliarne l’impiego attraverso ulteriori fasi di raccolta dati. La licenza iniziale si dovrebbe fondare su conoscenze non ancora complete, relegando gran parte della dimostrazione degli effetti più evidenti del farmaco alla fase post-marketing. Anche studi osservazionali dovrebbero fare chiarezza su decisioni autorizzative successive.

Secondo i sostenitori di questo modello, «il successo di un percorso di una licenza adattiva per qualsiasi farmaco dipenderà anche dalla volontà di pazienti, operatori sanitari, paganti, regolatori, di accettare un maggiore grado di incertezza, in attesa di meglio conoscere il beneficio di un farmaco e/o il suo profilo di sicurezza». Perché questo modello possa essere attuato come previsto, gli organismi di healthcare technology assessment (Hta) devono essere disposti ad accettare standard di dimostrazioni di più basso livello: «l’autorizzazione adattiva vorrebbe (…) ridurre il disallineamento dello sviluppo tra decisioni di marketing e di rimborso» e dovrebbe «permettere la rapida approvazione e la copertura economica di un nuovo composto (…) sulla base di piccoli studi clinici iniziali». Al fine di ridurre tale «disallineamento» Ema e organismi di Hta devono fornire parallelamente, in ogni fase iniziale del processo di sviluppo di un farmaco, «consulenze scientifiche» riservate alle aziende farmaceutiche.

Il Priority Medicines (Prime) proposto dall’Ema: una corsa eccessiva all’ingresso sul mercato
Anche se l’Ema sostiene che l’approccio al metodo adattivo utilizza processi normativi in vigore secondo le leggi vigenti, sta attualmente rivedendo una serie di direttive esistenti per schemi di approvazione accelerata. Inoltre, sta ora proponendo nuovi schemi, come il Priority Medicines (Prime), finalizzati a migliorare il coinvolgimento delle autorità regolatorie e di organi di Hta durante i processi di sviluppo dei farmaci, per accelerare l’accesso al mercato – elementi chiave del modello dei percorsi adattativi.

Il documento di riflessione Ema sul Prime afferma che questo programma mira a «rafforzare il sostegno a farmaci potenzialmente utili per i pazienti, attualmente privi di qualsiasi opzione di trattamento, o che possono offrire grandi avanzamenti rispetto alle terapie esistenti». Attraverso Prime, l’Agenzia europea fornirà «una più precoce e maggiore consulenza scientifica e supporto normativo» alle aziende farmaceutiche, così da facilitare la raccolta dei dati e consentire una valutazione più veloce. Lo schema Prime è «limitato ai prodotti in fase di sviluppo, innovativi e non ancora immessi sul mercato dell’Ue».

Il concetto di «farmaci innovativi» è da lungo tempo fatto proprio dall’industria farmaceutica ed è usuale nelle discussioni sui percorsi adattativi. Secondo il glossario dell’Ema, un farmaco innovativo è un «medicinale contenente un principio attivo o una combinazione di sostanze attive, in precedenza mai autorizzati». Va tuttavia sottolineato che, dal punto di vista terapeutico, una vera innovazione farmaceutica si riferisce a interventi che portano a miglioramenti significativi, rispetto a trattamenti già esistenti, di outcome importanti per i pazienti.

Secondo lo schema Prime, un prodotto sarà accettabile nella misura in cui sarà capace di rispondere a un bisogno clinico non soddisfatto. A parere del documento di riflessione Ema, tale giustificazione potrebbe includere una descrizione degli effetti osservati e prevedibili del prodotto, la sua rilevanza clinica, il valore aggiunto e il suo impatto nella pratica clinica. I prodotti medicinali nelle fasi iniziali del processo di sviluppo possono essere ammissibili (sulla base di dati non clinici e clinici assai precoci), in aggiunta a quelli degli stadi clinici di sviluppo (ad esempio studi esplorativi). I dati clinici preliminari dovrebbero basarsi su outcome clinici rilevanti, ma anche su endpoint surrogati prestabiliti.

Maglie larghe ostacolo a vera innovazione
Va sottolineato che un livello normativo piuttosto lasso è un ostacolo a una vera innovazione terapeutica, portando al perseguimento di outcome marginali e a una mentalità me-too. Le autorità regolatorie stanno invece progressivamente abbassando i requisiti documentali per l’approvazione di nuovi farmaci, consentendo studi di piccole dimensioni, endpoint surrogati e confronti con placebo. Gli endpoint surrogati non garantiscono che un farmaco sarà in grado di influenzare lo stato di salute dei pazienti in modo clinicamente significativo.

Tuttavia, essi sono comunemente usati, soprattutto nei sistemi di approvazione accelerata. Uno studio ha evidenziato che nel periodo 1995-2004, i farmaci antineoplastici sono stati in gran parte approvati in Europa sulla base di endpoint surrogati quali «riduzione della dimensione della neoplasia, che non si è tradotta per la maggior parte in vantaggio significativo di sopravvivenza». Similmente, un recente studio americano ha rivelato che la grande maggioranza dei farmaci antineoplastici, approvati tra il 2008 e il 2012 sulla base di endpoint surrogati (86%), non disponeva di effetti noti sulla sopravvivenza globale o non era riuscita a dimostrare guadagni in termini di sopravvivenza. La conclusione degli autori è che le approvazioni dei farmaci anticancro, per la maggior parte, non avevano dimostrato di migliorare, o di non far migliorare, endpoint clinicamente rilevanti.

Prime e il coivolgimento delle autorità regolatorie
Un elemento caratteristico del modello dei percorsi adattativi, che Ema si propone ulteriormente di promuovere sotto l’ombrello di Prime, è il coinvolgimento attivo congiunto nello sviluppo dei farmaci di autorità regolatorie e di organismi di Hta. Secondo il documento di riflessione sul Prime, fornendo consulenze scientifiche, Ema e organismi di Hta dovrebbero guidare le aziende nei piani di sviluppo proprio fin dall’inizio, con l’obiettivo finale di consentire l’approvazione accelerata e la copertura economica. Ema propone anche un appuntamento iniziale di un consulente (rapporteur) Chmp per «consentire la continuità in un approccio del ciclo di vita di importanti farmaci innovativi e sostenerne lo sviluppo (…)». Il documento di riflessione continua: «il rapporteur sarà di sostegno allo sviluppo, orientando i richiedenti verso la consulenza scientifica Ema sui requisiti dei dati per la futura Aic, nonché per accrescere la consapevolezza sull’utilizzo di strumenti di accesso precoce, quando importanti (…)».

La fornitura di consulenza scientifica da parte dell’organismo di competenza a ciò che sarà sottoposto ad azione regolatoria solleva preoccupazioni circa i conflitti di interesse e l’imbrigliamento istituzionale. Tali preoccupazioni si accentuano quando la commissione competente a decidere in merito all’immissione in commercio/valutazione Hta sta anche dando consulenze attraverso il suo coinvolgimento nel gruppo di lavoro scientifico. La mancanza di trasparenza associata a queste interazioni mina la responsabilità dell’ente regolatorio, mentre la procedura di pagamento per il servizio prestato, di fatto, crea una dipendenza finanziaria da parte dell’industria farmaceutica. La potenziale non imparzialità dei regolatori, coinvolti nel fornire consulenze e decidere su Aic/rimborso è fonte di reali preoccupazioni.

Per incentivare lo sviluppo di tecnologie sanitarie in grado di rispondere realmente alle esigenze dei pazienti e della società, mirare ad outcome sanitari e migliorare la salute pubblica, gli organi regolatori sono tenuti a inviare un segnale chiaro alle industrie dei farmaci e dei dispositivi medici, alzando il livello normativo e richiedendo l’invio di dimostrazioni solide e comparative di efficacia e sicurezza. Tutto ciò può essere generalmente ottenuto con la pubblicazione di una guida congiunta dettagliata (da parte di agenzie regolatorie e di organi di Hta) sui requisiti dei dossier che devono essere forniti, sulle scelte dei comparatori e sui disegni preferenziali degli studi.

Il modello Prime sembra invece essere un altro meccanismo per rafforzare nel sistema regolatorio la fornitura di consulenze scientifiche riservate, su misura, a favore delle aziende farmaceutiche, allo scopo di agevolare l’approvazione accelerata e la copertura di nuovi farmaci costosi, che, come l’evidenza suggerisce, raramente portano a un progresso terapeutico, ma spesso creano problemi di sicurezza.

Conclusioni
La flessibilità delle norme regolatorie per l’accesso precoce al mercato dovrebbe essere applicata solo in circostanze del tutto giustificate, assicurando la sicurezza del paziente e un avanzamento rispetto al miglior trattamento disponibile. Per promuovere l’innovazione nel settore farmaceutico, il contesto normativo deve inviare un chiaro segnale all’industria farmaceutica stabilendo un livello superiore di qualità – e non inferiore come suggerito – e chiedendo l’invio di una documentazione approfondita e comparativa di efficacia e sicurezza. A tal fine, devono essere tenute presenti le raccomandazioni di seguito riportate.

– Richiedere un’approfondita valutazione dei nuovi farmaci prima dell’Aic (che introduce la dimostrazione del valore terapeutico aggiunto). Il requisito della dimostrazione di prove robuste su benefici e rischi prima che un farmaco sia approvato è di particolare importanza in quanto può risultare difficile identificare reazioni avverse gravi dei farmaci durante la fase di post-marketing.

– Assicurarsi che i meccanismi di approvazione accelerata siano utilizzati solo in casi altamente giustificati (ad esempio, in presenza di una vera e propria necessità medica insoddisfatta) e che l’approvazione (condizionata) dei farmaci sia fondata su dati di studi clinici capaci di dimostrare un progresso rispetto ad opzioni di trattamento esistenti per i pazienti e su outcome clinicamente rilevanti.

– Permettere valutazioni accurate di Aic da parte dei regolatori.

– Garantire rigorosi e proattivi requisiti di farmacovigilanza, compresa l’applicazione di sanzioni dissuasive se quelli post-marketing non verranno rispettati.

– Rafforzare l’indipendenza delle agenzie regolatorie del farmaco dall’influenza e dal finanziamento delle imprese.

Quando è dato un parere scientifico, in circostanze eccezionali, come standard minimo:

– Non deve essere fornito in cambio del pagamento di onorario diretto di singole aziende farmaceutiche; potrebbe invece essere finanziato attraverso la tassazione delle imprese in generale.

– Rappresentanti dei pazienti e dei consumatori, così come esperti clinici, con conflitti di interesse diretti o indiretti non devono essere coinvolti in procedure di valutazione scientifica.

– Deve esistere una separazione dei ruoli tra autorità regolatorie e parti interessate coinvolte nella fornitura di consulenza e successive discussioni sull’Aic o le decisioni di Hta.

– Le procedure regolatorie devono tenere conto di sufficienti rappresentanze dei diversi punti di vista che possono esistere tra gruppi di difesa dei pazienti, dei consumatori e dei pazienti in condizioni diverse o con diversa gravità della malattia.

– Deve essere garantito il pubblico accesso ai documenti relativi alle consulenze scientifiche.

– L’European Public Assessment Report (Epar) e i documenti nazionali regolatori dovrebbero includere una sezione aggiuntiva che fornisce informazioni complete sulla consulenza scientifica data in ogni fase del processo di sviluppo.

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“Esami prevaccinali? Io mi informo”, questo il messaggio lanciato da “Il Sentiero di Nicola”sui social. Milioni di coperture e condivisioni.

Milioni di coperture e condivisioni inerenti al messaggio de “Il Sentiero di Nicola” .

#BASTA DANNEGGIATI

#ESAMI PREVACCINALI? PRETENDETELI.

A questo si aggiunge l’hashtag “IO MI INFORMO”.

Un abbraccio alla famiglia Ghidotti e in particolare a Nicola,un bambino nato sano e reso cerebroleso a causa di un vaccino.

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Come dar torto a questi genitori che vivono sulla propria pelle il danno da vaccino ogni giorno? Non è antivaccinismo tutto ciò,ma reale preoccupazione e interesse nei confronti di tutti.

Richiesta di un corretto CONSENSO INFORMATO da parte degli organi competenti; una richiesta LEGITTIMA che si avvale della preparazione di Dottori che confermano quanto verrà scritto sulla censura volutamente perpetrata da chi non ha realmente a cuore la nostra salute.

“Il problema dei test di laboratorio prima e dopo una vaccinazione pediatrica è un problema serio e spesso ricevo richieste di questo tipo da parte dei genitori che sono incerti se vaccinare o meno i loro figli e, per avere elementi più precisi per decidere, vorrebbero sottoporre i loro figli a dei test ematochimici allo scopo di conoscere, come sarebbe logico e giusto, le loro condizioni metaboliche e immunitarie”.

DR. ROBERTO GAVA

LA STORIA DI UN PICCOLO GRANDE GUERRIERO DI NOME NICOLA

Nicola,un piccolo grande guerriero che ha dato nome a questo movimento, è stato danneggiato grazie alla superficialità di coloro che avrebbero dovuto invece tutelarlo.

Condividiamo la sua storia nella speranza che possa avere la giustizia che merita.

Due occhioni dolci e furbi, due manine che si aprono e chiudono per spiegarti cosa sia gradito e cosa no, un’ intelligenza fuori dal comune unita ad una sofferenza ancor più rara.

Poteva avere una vita normale, ma un vaccino ha cambiato la sua vita per sempre.

Tutto questo è solo una piccolissima parte di ciò che è Nicola Ghidotti, bambino bergamasco di sette anni ,nato sano  e ridotto in questo stato per colpa di un vaccino obbligatorio, il tanto discusso “esavalente”.

Thomas, il papa di Nicola, ha 41 anni, la mamma è Eliana e di anni ne ha 39;  sei anni fa l’arrivo di Nicola aveva riempito la loro casa di una gioia immensa.

A un anno d’età, come da prassi, Nicola viene sottoposto al terzo richiamo del vaccino esavalente.

Esattamente da quel giorno, non è più stato lo stesso. Da subito ha cominciato ad avere problemi nel tenere eretta la testa, aveva lo sguardo assente, non rispondeva più ai richiami, non sorrideva più.

“Le sue condizioni sono andate rapidamente peggiorando: vomito, minzione continua, crisi epilettiche, non parlava, non stava in piedi. Per noi è cominciato il calvario negli ospedali, con i medici che palesemente non sapevano darci una spiegazione” racconta il papà.

Thomas, nel frattempo, non smette di raccogliere informazioni su scoperte e nuovi metodi di cura per dare a Nicola altre speranze, così si impegna per le metodiche compassionevoli.

“Mio figlio è stato ridotto disabile al cento per cento”, raccontano i genitori.

Dopo più di 10 ricoveri alla ricerca dell’ignoto, abbiamo avuto la fortuna di incontrare medici sinceri ed onesti che ci hanno aiutato a comprendere l’accaduto e con la morte nel cuore,abbiamo cercato di vivere non sentendoci colpevoli di nulla.

Il piccolo Nicola ha tantissimi problemi: è imprigionato nel suo corpo.

nicola

La sua diagnosi è grave: encefalopatia epilettica post vaccinale farmacoresistente.

In moltissimi stanno seguendo il suo sentiero.

In moltissimi si mobilitano per la divulgazione della sua storia.

Di seguito, la presentazione della sua pagina.

“Ciao sono NICOLA, sono nato SANO ma dopo il VACCINO esavalente,ho subito una cerebro lesione; tutte le mie funzioni piano piano hanno iniziato a regredire e peggiorarono dopo che mi sottoposero anche ad un bel vaccino trivalente -dicendo che a maggior ragione vista la mia encefalopatia,dovevo proteggermi- .

Mi sono trovato 6 anni fa sul letto dell ospedale in fin di vita,senza speranza, dopo più di 10 ricoveri alla ricerca del nulla.

Per me’ non c’è cura riconosciuta. Gli unici metodi che mi fanno stare meglio non sono riconosciuti,e questo è VERGOGNOSO.

Sono anche stato in tribunale dove un giudice del lavoro ha deciso di non farmi accedere ad una metodica compassionevole.

Sono arrabbiato perché sempre questo stato, impedisce a mio padre e mia madre di curarmi come meglio credono. NON ESISTE IL DIRITTO ALLA CURA.

Bisogna cambiare tante cose in questo paese.

Cominciando dall’indifferenza della gente. Sono arrabbiato ma sono fortunato ad avere i miei genitori che tanto mi amano e lottano per me.

Richiedete una corretta anamnesi  PRIMA DI ogni profilassi. TUTELATEVI“.

QUESTO IL MESSAGGIO DELLA FAMIGLIA GHIDOTTI A CUI VA TUTTO IL NOSTRO AFFETTO.

Siamo vicini a Nicola come ad ogni bimbo danneggiato dall’incompetenza medica, la quale si dimentica che il benessere e la salute degli individui dovrebbe essere tutelata.

ESAMI PREVACCINALI,PERCHE’ CONSIDERARLI INUTILI?

PERCHE’ OPPORSI ALLA LORO PRESCRIZIONE?

In un periodo in cui abbiamo perso il DIRITTO ALLA CURA,troviamo alquanto indecente il comportamento scorretto e immorale di moltissimi camici,i quali si oppongono alla prescrizione di analisi di laboratorio ,test anticorpali per appurare adeguatamente lo stato fisico di un soggetto prima che questo,venga sottoposto a qualsiasi profilassi vaccinale.

Nel caso degli individui immunocompromessi,la comunità scientifica è concorde sull’agire in maniera cauta;  in che modo,se nessuna corretta anamnesi viene effettuata prima di una vaccinazione?

“Siamo al limite della sopportazione” dichiarano i genitori danneggiati; come dar loro torto.

Ultimamente moltissimi gli sfoghi dei genitori contro il sistema. “Chiediamo queste analisi preventive,ma non vengono prescritte”.

Questo comportamento incivile e non professionale, va a discapito dei cittadini i quali hanno perso fiducia ,giudicando incompetente l’operato dello stesso Ministero della salute (anche in questo caso,non diamo loro torto).

Se queste analisi sono pagate dagli stessi contribuenti,come mai tutta questa opposizione nel prescriverle?

Cosa c’è realmente dietro il sipario?

Alle domande dei genitori,una risposta arriva loro come un macigno : LA CENSURA.

La perdita di fiducia nei confronti delle Istituzioni è stata fomentata non dai gruppi “antivaccinisti” (come dice qualcuno di poco informato) ma proprio da coloro che dovrebbero rassicurare e prendersi cura del proprio popolo.

La DISINFORMAZIONE regna sovrana e l’ignoranza e la saccenza divulgano una “verità” smentita da molti medici onesti e deontologicamente corretti.

Manca una reale informazione verso delle famiglie,le quali si ritrovano ad aver timore senza alcuna motivata ragione.

Lo stesso Ministero della salute,attraverso la sua portavoce,la nostra ministra Lorenzin,parla di EPIDEMIE mai nate. I dati reali?

Dov’è la TRASPARENZA in merito? Abbiamo precedentemente smentito i “200 morti di morbillo a Londra” dichiarati dalla Lorenzin la quale imperterrita (durante la trasmissione “la Gabbia”) ha continuato a destreggiarsi tra gaffe palesi e abbastanza gravi (il “VIRUS” della pertosse è letale; un bambino che si ammalerà di pertosse,probabilmente morirà”).

Troviamo incivile questo comportamento sopratutto su questa tematica.

Non si manipolano i dati e non si dovrebbero pagare i media per diffondere notizie false e prive di ogni logica oltre ad essere immorali nei confronti del popolo che contribuisce (con le sue tasse) a tenere in piedi questa baracca formata da politici che se ne fregano del reale benessere del cittadino.

Oltre a ricordare alla nostra Ministra, che i casi reali di morbillo segnalati a Londra nel 2014 non sono 200 ma 59 (a fine articolo troverete il riferimento del rapporto di sorveglianza sui casi di morbillo e rosolia integrato al rapporto n° 19,settembre 2015,fonte EPICENTRO), Le ricordiamo che quando si parla di pertosse,occorre sapere che reo è un BATTERIO e NON un VIRUS.

“La pertosse è una malattia infettiva causata da un batterio (Bordetella pertussis),piccola parentesi che potrà sicuramente servire ai bufalari che supportano le castronerie diffuse dai media”.

Un Ministro della salute dovrebbe saperle a menadito queste nozioni,ma appuriamo che così non è.

Con la speranza che i nostri organi prendano atto della reale situazione dei danneggiati, noi continueremo a portare avanti attraverso le testimonianze,una realtà fatta di dolore. Continueremo a  dar voce a chi è inascoltato.

I genitori dei danneggiati sono soli,quanto dovranno ancora pagare per uno stato criminale?

Per quanto dovremo assistere inermi alla disinformazione perpetrata attraverso notizie di parte che mirano al terrorismo psicologico cercando di instillare la paura?

La questione non è essere pro o contro i vaccini ma va alla base del reale problema.

L’obiettività,questo è il principio cardine.

I danni da vaccino esistono,questa è una realtà esattamente come l’esistenza della legge 210/92, PUNTO.

Continuare a negare il danno è davvero stupido e ignorante.

CHIEDIAMO AL NOSTRO GOVERNO, UN TAVOLO DI DISCUSSIONE CON LA PRESENZA DI TUTTA LA COMUNITA’ SCIENTIFICA. CHIEDIAMO CHE VENGA DATA  LIBERTA’ DI PAROLA A CHI INDOSSA IL CAMICE, RISPETTANDO IL PRINCIPIO “PRIMUM NON NOCERE”.

Chiediamo che il nostro Ministro della Salute sia un medico,informato,sincero e professionale e che la Lorenzin si dimetta.

Chissà se la censura lascerà il posto alla correttezza.

Concludiamo con la nostra richiesta inerente alla mancanza di un sistema attivo e funzionante di FARMACOVIGILANZA.

Moltissime le segnalazioni ricevute da parte dei genitori,relative alla negligenza dei medici e delle strutture sanitarie le quali non denunciano in caso di reazione avversa.

Questo non è più tollerabile. Il comportamento scorretto di molti “dottori” i quali saccentemente cercano di liquidare i genitori con la solita frase “NON è colpa del vaccino,non dovete nemmeno pensarlo” è motivo di rabbia motivata e delusione da parte dei cittadini che sono anche contribuenti e perciò pagano per avere un servizio sanitario alquanto scadente,ricordiamolo.

La Sfiducia regna sovrana nei confronti dello stesso Ministero della salute il quale non garantisce cura e nemmeno prevenzione.

Siamo alla frutta come dice qualcuno,tuttavia,ringraziamo chi con il suo buon cuore,opera in maniera volontaria,portando avanti una causa in maniera disinteressata.

Ringraziamo molti Medici degni di essere chiamati tali.

 

Ringraziamo POVIA e la sua sensibilità nel sociale ed in particolare per questo pensiero mandato al nostro piccolo guerriero.
“IO CAMMINO SUL SENTIERO DI NICOLA” scrive su un foglio,mostrandolo al mondo intero.
Nicola,un bambino gravemente danneggiato da una vaccinazione Esavalente ora chiede giustizia.
Nicola,un meraviglioso bimbo che lotta contro un mostro da lui non voluto.
Che lotta contro un sistema marcio e che omette dati e verità scientifiche ed inoppugnabili.
Un grande esempio di lotta per tutti noi.
Un piccolo grande guerriero.

 

Ringraziamo i genitori che supportano la famiglia Ghidotti. Di seguito un video che racchiude una parte delle centinaia di persone che hanno aderito a questa campagna di sensibilizzazione.

#BASTA DANNEGGIATI

Il Sentiero di Nicola. Noi diciamo basta ai Danneggiati da Vaccino

Ringraziamo la gente comune, le diverse associazioni e molti gruppi ultras d’italia che si mobilitano x raccontare la storia del nostro guerriero Nicola,sensibilizzando i cittadini in merito a questa importantissima tematica.

ultras

 

La pagina facebook del Sentiero di Nicola al seguente link

https://www.facebook.com/IL-Sentiero-DI-Nicola-500042300085440/?fref=ts

 

RIFERIMENTI

Morbillo? I REALI dati

Pertosse? Una sezione interamente dedicata.

Prevenzione. Analisi e test preventivi

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Sempre più antidepressivi a minorenni. Un fenomeno preoccupante

Sempre più antidepressivi a minorenni, +40% in sette anni

Studio condotto in Europa e Usa. Oms, fenomeno preoccupante

Articolo condiviso da ANSA

Sempre più antidepressivi a minorenni, +40% in sette anni

 

E’ aumentato in modo preoccupante il numero di bambini e adolescenti cui vengono prescritti antidepressivi: a lanciare l’allarme e’ l’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms), sulla base di uno studio condotto tra il 2005 e 2012 tra Europa e Stati Uniti, da cui emerge che in media l’uso di questi psicofarmaci nei giovani e’ salito di oltre il 40%.

Le cifre della ricerca, pubblicata sull’European Journal of Neuropsychopharmacology, mostrano che in Gran Bretagna il numero di farmaci di questo tipo, prescritti ai minorenni, e’ cresciuto del 54%, del 60% in Danimarca, del 49% in Germania, del 26% negli Stati Uniti e del 17% in Olanda.

I maggiori incrementi si sono registrati nelle fasce d’eta’ tra 10 e 14 anni e tra i 15 e 19 anni.

”L’uso di antidepressivi nei giovani e’ preoccupante per due motivi – commenta Shekhar Saxena, direttore Salute mentale dell’Oms : vuol dire che ci sono piu’ persone cui vengono prescritti senza una sufficiente ragione? E gli antidepressivi possono produrre danni gravi presi cosi’ presto?”.

Una preoccupazione aggravata dal fatto, rileva l’Oms, che i farmaci dati ai giovani non sono autorizzati per gli under 18.

Ma in Gran Bretagna, ad esempio, molti medici di base dicono di non avere altre alternative, dati i lunghi tempi di attesa per accedere alla psicoterapia, nei casi di forte sofferenza del paziente e della famiglia.

FONTE

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Actos, è bufera sul farmaco per diabetici. La procura di Torino apre un’inchiesta.

“Potrebbe provocare il cancro”. Bufera sul farmaco per diabetici

Torino, la procura apre un’inchiesta. Altri Paesi lo hanno già ritirato
Articolo condiviso da “La Stampa”
18/03/2016

Si chiama Actos, è un farmaco in compresse usato per la cura del diabete mellito di tipo 2, quello più comune, e contiene un principio attivo associato a un aumento del rischio di contrarre il cancro alla vescica. Già al centro di polemiche e interrogazioni parlamentari, ora è però la magistratura a muoversi: la procura di Torino ha avviato un’indagine ipotizzando il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti.

Prodotto dalla Takeda Pharmaceutical Co. e dalla Eli Lilly & Co. l’utilizzo di Actos ha già suscitato un ampio dibattito, anche perché Germania e Francia ne hanno sospeso l’utilizzo e la commercializzazione nel 2011, mentre una Corte degli Stati Uniti ha condannato Takeda ed Ely Lilly al pagamento di danni per 9 miliardi di dollari, poi ridotti a 36,8 milioni, riconoscendo che le aziende avrebbero intenzionalmente nascosto i rischi correlati all’uso del farmaco e che avrebbero distrutto parte della documentazione scientifica tra il 2002 e il 2012.

 

L’indagine della procura di Torino, condotta dai carabinieri del Nas, ha preso il via da una denuncia dell’associazione Promesa (Protezione professioni mediche e sanitarie).

Actos contiene il principio attivo «pioglitazone» ed è usato per il trattamento del diabete per la capacità di ridurre la glicemia. Nell’esposto, scritto dall’avvocato Riccardo Salomone, si sottolinea come già dal 2007 il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp, che opera in seno all’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali) al termine della revisione sugli antidiabetici contenenti pioglitazone, sollevasse preoccupazioni sul rapporto tra benefici e rischi per i pazienti in cura con Actos. Di questo rischio ha dato conto l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), sempre nel 2007, pubblicando poi anche una relazione nella quale associava il cancro alla vescica al pioglitazone. E pure la Commissione europea, nel 2011, effettuò una revisione dei medicinali contenenti il principio attivo: succedeva a marzo, mentre ad agosto dello stesso anno era ancora l’Aifa a diffondere nuovi dati epidemiologici che mostravano un aumento del rischio di cancro alla vescica. La correlazione è stata infine inserita nella scheda tecnica del farmaco.

 

Ma il dito, oltre che contro la Takeda (che ha sede nel novarese) viene puntato anche contro uno studio di cui non sono stati ancora resi noti i dati. Si tratta di una sperimentazione denominata «Tosca», condotta dalla Società diabetologica italiana (Sid) finanziata dall’Aifa, e avviata nel 2008. Obiettivo: valutare gli effetti sull’incidenza di eventi cardiovascolari dell’aggiunta di pioglitazone alla metformina, un altro farmaco usato per trattare il diabete mellito di tipo 2.

Si sarebbe dovuto concludere nel 2013, ma – è la denuncia – a tutt’oggi i risultati non sono stati resi noti: quanti pazienti hanno avuto le complicanze già rivelate da altri studi? E sono stati informati preventivamente dei possibili effetti collaterali cancerogeni? Come stanno adesso? Queste sono le domande che l’associazione Promesa ha posto ai magistrati relative alla salute dei diabetici curati con Actos. L’ultima domanda: quanto è costato lo studio «Tosca» e quanto ha inciso sulle vendite di Actos in Italia?

. l’utilizzo di Actos ha già suscitato un ampio dibattito, anche perché Germania e Francia ne hanno sospeso l’utilizzo e la commercializzazione nel 2011, mentre una Corte degli Stati Uniti ha condannato Takeda ed Ely Lilly al pagamento di danni per 9 miliardi di dollari, poi ridotti a 36,8 milioni, riconoscendo che le aziende avrebbero intenzionalmente nascosto i rischi correlati all’uso del farmaco e che avrebbero distrutto parte della documentazione scientifica tra il 2002 e il 2012.

 

L’indagine della procura di Torino, condotta dai carabinieri del Nas, ha preso il via da una denuncia dell’associazione Promesa (Protezione professioni mediche e sanitarie). Actos contiene il principio attivo «pioglitazone» ed è usato per il trattamento del diabete per la capacità di ridurre la glicemia. Nell’esposto, scritto dall’avvocato Riccardo Salomone, si sottolinea come già dal 2007 il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp, che opera in seno all’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali) al termine della revisione sugli antidiabetici contenenti pioglitazone, sollevasse preoccupazioni sul rapporto tra benefici e rischi per i pazienti in cura con Actos. Di questo rischio ha dato conto l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), sempre nel 2007, pubblicando poi anche una relazione nella quale associava il cancro alla vescica al pioglitazone. E pure la Commissione europea, nel 2011, effettuò una revisione dei medicinali contenenti il principio attivo: succedeva a marzo, mentre ad agosto dello stesso anno era ancora l’Aifa a diffondere nuovi dati epidemiologici che mostravano un aumento del rischio di cancro alla vescica. La correlazione è stata infine inserita nella scheda tecnica del farmaco.

 

Ma il dito, oltre che contro la Takeda (che ha sede nel novarese) viene puntato anche contro uno studio di cui non sono stati ancora resi noti i dati. Si tratta di una sperimentazione denominata «Tosca», condotta dalla Società diabetologica italiana (Sid) finanziata dall’Aifa, e avviata nel 2008. Obiettivo: valutare gli effetti sull’incidenza di eventi cardiovascolari dell’aggiunta di pioglitazone alla metformina, un altro farmaco usato per trattare il diabete mellito di tipo 2. Si sarebbe dovuto concludere nel 2013, ma – è la denuncia – a tutt’oggi i risultati non sono stati resi noti: quanti pazienti hanno avuto le complicanze già rivelate da altri studi? E sono stati informati preventivamente dei possibili effetti collaterali cancerogeni? Come stanno adesso? Queste sono le domande che l’associazione Promesa ha posto ai magistrati relative alla salute dei diabetici curati con Actos. L’ultima domanda: quanto è costato lo studio «Tosca» e quanto ha inciso sulle vendite di Actos in Italia?

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Antidolorifici? La Società Europea di Cardiologia li mette tutti sotto accusa

Farmaci anti-dolorifici (Fans) ?

Sono nemici per il nostro cuore. Il position paper della Società Europea di Cardiologia li mette tutti sotto accusa

ARTICOLO CONDIVISO da Quotidiano sanità.

Fonte a fine articolo

“Cardiovascular safety of non-aspirin non-steroidal anti-inflammatory drugs: review and position paper by the working group for Cardiovascular Pharmacotherapy of the European Society of Cardiology”

collusione 2

Dopo il clamore suscitato negli anni passati dal ritiro dal mercato di alcuni ‘coxib’ si conoscono i rischi cardiovascolari inerenti all’impiego di questi anti-dolorifici di nuova generazione. Ma adesso, un’ampia revisione di tutti i lavori pubblicati sui vecchi e classici farmaci anti flogistici non steroidei (Fans), dal diclofenac al naprossene, evidenzia come anch’essi siano molto pericolosi per la salute del cuore

 

19 MAR – I farmaci anti-flogistici non steroidei (FANS, Farmaci Antiflogistici Non Steroidei o NSAID, Nonsteroidal Anti-Inflammatory Drugs), diversi dall’aspirina sono impiegati nella pratica clinica da oltre un secolo e sono tra i farmaci di più largo consumo in tutto il mondo per trattare dolore, febbre, stati infiammatori. Ma non è tutto oro quel che luccica.

Da molti anni infatti si sa che questi farmaci possono causare ritenzione idrica e innalzare i livelli pressori, due condizioni che aumentano il rischio cardiovascolare nei soggetti con scompenso cardiaco.

Poi sono arrivati i COX-2 inibitori (o ‘coxib’), farmaci dotati di proprietà analgesiche e anti-infiammatorie senza però il carico degli effetti collaterali gastro-intestinali dei FANS. Al vaglio dei mega-trial dell’età moderna si è scoperto tuttavia che rofecoxib, celecoxib, valdecoxib e parecoxib aumentano il rischio di complicanze cardiovascolari. E questo ha naturalmente molto ristretto le indicazioni all’uso di questi farmaci. “Paradossalmente però fanno notare Morten Schmidt e colleghi dell’Università di Aarhus, Danimarca – il vecchio diclofenac, un COX-2 inibitore relativamente selettivo, continua ad essere uno dei farmaci più utilizzati nel mondo, e in molti Paesi è addirittura venduto come OTC”. Di ampio utilizzo anche gli inibitori selettivi COX-1 e COX-2, quali ibuprofene e naprossene, considerati chissà in base a quale criterio, del tutto sicuri.
Partendo da queste considerazioni i ricercatori dell’Università di Aarhus, in collaborazione con altre università, hanno riassunto in una review le evidenze finora derivate dagli studi randomizzati e osservazionali sullasafety cardiovascolare degli NSAID. Il lavoro comprende anche un position paper sul loro impiego.

Il messaggio di fondo è che i coxib, così spesso usati e (abusati) soprattutto nei pazienti con condizioni reumatiche, sono particolarmente pericolosi per i pazienti cardiopatici; ma altrettanto pericolosi per il cuore sono i vecchi NSAID.

“E’ noto ormai da diversi anni che i COX-2 inibitori aumentano il rischio di infarto. Per questo motivo – ricorda Morten Schimdt dell’Università di Aarhus, coordinatore della ricerca pubblicata su European Heart Journal – un certo numero di coxib sono stati ritirati dal mercato. Ma oggi sappiamo che l’impiego di alcuni dei vecchi NSAID, in particolare il diclofenac, si associa ad un aumentato rischio di infarto. Un rischio che è di entità sovrapponibile a quello attribuito ai vari coxib ritirati dal mercato. E tutto ciò è molto preoccupante, visto che questi vecchi farmaci sono usati frequentemente in tutto il mondo occidentale e disponibili in alcuni paesi anche senza prescrizione”.

Nei Paesi occidentali ogni anno almeno il 15% della popolazione si fa prescrivere un FANS e la percentuale è naturalmente molto più elevata tra gli anziani. I pazienti cardiopatici non fanno eccezione a questa regola. Studi condotti in passato in Danimarca ad esempio dimostrano che questi farmaci vengono prescritti nel 40% dei pazienti con scompenso cardiaco o pregresso infarto.

Lo studio pubblicato su European Heart Journal è stato condotto in collaborazione con altre 14 università europee; racchiude tutto lo scibile ad oggi sull’uso di NSAID nei pazienti cardiopatici. E questo ha consentito alla Società Europea di Cardiologia, per la prima volta, di formulare una serie di raccomandazioni che i medici dovrebbero tenere in considerazione prima di prescrivere un antidolorifico ai loro pazienti.

“Quando un medico prescrive un FANS – ammonisce un altro autore dello studio, Christian Torp-Pedersen, professore di cardiologia, Aalborg University (Danimarca) – deve tener presente, caso per caso, il rischio di complicanze cardiache e di emorragie. Questi farmaci andrebbero venduti come OTC solo indicando chiaramente i rischi cardiovascolari associati al loro impiego. In generale, questa categoria di farmaci non andrebbe utilizzata nei pazienti affetti o ad alto rischio di patologie cardiovascolari.”

“Molti Paesi europei – afferma Morten Schmidt – hanno un elevatissimo consumo di questi farmaci. Questo va ridotto, magari sostituendoli con paracetamolo, fisioterapia, oppioidi deboli e altri tipi di NSAID con minor rischi per la salute del cuore. Naturalmente, le raccomandazioni introdotte sulla scia del nostro studio e la revisione dei rischi cardiovascolari effettuata rappresentano un enorme passo in avanti nella giusta direzione in relazione alla safety del paziente”.

 

FONTE

Cardiovascular safety of non-aspirin non-steroidal anti-inflammatory drugs: review and position paper by the working group for Cardiovascular Pharmacotherapy of the European Society of Cardiology

  • http://eurheartj.oxfordjournals.org/content/early/2015/09/27/eurheartj.ehv505
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