“Vaccinazioni killer in caserma”, condannato il Ministero della Salute
LECCE – La sentenza rinforza i sospetti: esisterebbe il nesso causale tra le vaccinazioni somministrate in caserma e la morte per leucemia di un militare salentino – un 20enne caporale di Gallipoli – morto dopo essere stato sottoposto ad undici vaccinazioni, in appena otto mesi.
Lo ha stabilito una recente sentenza (la prima in Puglia, la seconda in Italia) dei giudici della sezione Lavoro della Corte d’Appello di Lecce – presidente Vittorio Delli Noci, consiglieri Daniela Cavuoto e Caterina Mainolfi – che hanno ritenuto “altamente probabile (e non solo possibile) che la malattia letale, che ha colpito il militare, sia stata causata o, comunque, favorita dalle numerose vaccinazioni dallo stesso subite, nell’arco di appena otto mesi”.
Si tratta di vaccinazioni orali ed intramuscolari che, in previsione di operazioni all’estero, furono eseguite con periodicità ravvicinata al volontario in ferma breve, di stanza a Civitavecchia, e contenenti tra gli eccipienti metalli pesanti, come mercurio ed alluminio, la cui azione cancerogena è scientificamente riconosciuta.
Iniziate il 3 luglio del 2000, nel giro di poco più di un anno, provocarono la morte del caporale salentino (arruolato presso l’11° Reggimento Trasmissioni di Civitavecchia), stroncato – il 26 settembre dell’anno successivo – da una “leucemia mieloide acuta tipo M2”, diagnosticatagli soltanto pochi giorni prima di morire.
La decisione dei giudici è stata adottata nonostante il ctu designato dalla Corte, l’oncologo Maurizio Portaluri, abbia di fatto escluso un nesso di causalità tra l’evento e le vaccinazioni nonché le esposizioni a campi elettromagnetici, cui era stato sottoposto il 20enne. Il ctu, infatti, ha ritenuto che “le vaccinazioni e le esposizioni possono aver rivestito solo il ruolo di occasione e non di concausa”, collocando dunque il nesso di causalità nell’ambito delle “possibilità” e non delle “probabilità”.
Secondo il consulente, inoltre, risulta assente il cosiddetto criterio cronologico, in quanto la leucemia, che ha un periodo di latenza di almeno 5 anni, fu diagnosticata nel settembre 2001 (i primi sintomi comparvero nel febbraio 2001), quindi, appena undici mesi dopo la prima vaccinazione.
Il caporale gallipolino, che da sempre aveva goduto di buona salute, in appena otto mesi, come detto, fu sottoposto a ben 11 vaccinazioni, con periodicità ravvicinata: un dato “epidemiologico impressionante”, scrive il giudice Delli Noci, sottolineato in sede di Appello anche dall’avvocato Francesco Terruli, legale dei familiari della vittima, e dal loro consulente di parte.
Avvocato e ctp, infatti, hanno evidenziato come al giovane furono somministrati ben 404,1 microgrammi di mercurio ed addirittura 5.472 microgrammi di alluminio, nel periodo compreso tra il 3 luglio 2000 ed il 7 marzo dell’anno successivo. “Dosi documentalmente lesive”, che manifestarono la patologia nel sistema emolinfatico, proprio dove avevano agito i vaccini “killer”: già alla loro prima somministrazione (si trattava di vaccini anti Epatite A e B associati a quello anti-meningococco), infatti, il giovane manifestò una grave epistassi.
Tutti questi elementi probatori e fortemente indiziari hanno portato i giudici a ritenere – per l’appunto – l’alta probabilità che la malattia letale sia stata causata dalle numerose vaccinazioni.
Il Ministero della Salute, pertanto, è stato condannato a riconoscere ai genitori della vittima l’indennizzo “una tantum”, pari a 150mila euro, che era stato, invece, negato in primo grado. L’avvocato Terruli, infatti, ha evidenziato come la legge n.238 del 1997 abbia introdotto una importante innovazione alla normativa precedente (la legge n.210/92), riconoscendo il diritto al risarcimento anche dei coniugi, figli, genitori e fratelli della vittima, pure nel caso in cui il reddito della persona deceduta (il 20enne, pur militare di leva, conviveva con i genitori a Gallipoli) non rappresenti l’unico sostentamento della famiglia.
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