Morire per mano dei medici? Oggi,si può

Negli Usa 250.000 morti l’anno per errori medici. È la terza causa di morte

Articolo condiviso da “Quotidiano Sanità”

Lo scrive il British Medical Journal che riporta le stime di due esperti della Johns Hopkins. Tre le ricette proposte per affrontare il problema: rendere gli errori più ‘visibili’ quando si verificano, così da poterne intercettare gli effetti; avere prontamente a disposizione un piano per proteggere i pazienti; rendere gli errori meno frequenti, seguendo delle strategie che tengano in considerazione i limiti umani

medico truffa

Malattie cardiovascolari e tumori sono le principali cause di morte nei Paesi industrializzati. Uno studio pubblicato dal BMJ svela ora anche da chi è occupato il terzo gradino del podio. E per molti sarà un’amara sorpresa.

Secondo Martin Makary e Michael Daniel della Johns Hopkins University School of Medicine infatti la terza causa di morte, e il dato è riferito agli Stati Uniti, sarebbero gli errori fatti dai medici, causa difficilmente desumibile dai certificati di morte e ovviamente non contemplata da un DRG o dalle schede di dimissione ospedaliera, dunque difficile da tracciare.

Gli esperti della Johns Hopkins chiedono dunque di affrontare adeguatamente il problema partendo dall’osservazione che negli USA i certificati di morte vengono compilati assegnando un codice ICD (International Classification of Disease); quindi tutte le cause di morte non associate ad un codice ICD, come il fattore umano o del sistema, sfuggono completamente. E non è un problema solo stelle e strisce, visto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 117 i Paesi ad aver adottato la codifica ICD, compresa l’Italia.

Ma forse qualcuno dovrebbe cominciare a porsi il problema di come codificare e quindi misurare l’errore umano, che solo negli USA avrebbe un impatto quantificabile intorno ai 210-400.000 decessi ospedalieri l’anno, secondo le ultime stime. Un dato confermato dagli autori dello studio pubblicato sul BMJ che, analizzando gli studi dal 1999 in poi ed estrapolando il dato al numero di ricoveri ospedalieri stelle e strisce del 2013, hanno calcolato un numero medio di decessi per errore medico di 251.454 l’anno.

Un numero che, inserito nella lista delle principali cause di morte negli USA stilata dai CDC ogni anno, fa balzare di colpo la new entry, finora condannata all’invisibilità, al terzo posto di questa classifica.

Per quanto scomodo da digerire, gli autori riconoscono che l’errore umano è inevitabile; tuttavia, pur ammettendo che non è possibile eliminarlo del tutto, invitano almeno a cominciare a ‘misurarlo’. Non in un’ottica inquisitoria, ma per progettare delle soluzioni migliori o più adatte a mitigarne la frequenza e soprattutto le sue conseguenze.

Secondo gli esperti americani le strategie volte a ridurre la mortalità da errori medici dovrebbero contemplare tre passaggi: rendere gli errori più ‘visibili’ quando si verificano, così da poterne intercettare gli effetti; avere prontamente a disposizione un piano per proteggere i pazienti; rendere gli errori meno frequenti, seguendo delle strategie che tengano in considerazione i limiti umani.

Un esempio pratico. Anziché ‘accontentarsi’ della causa di morte , gli esperti suggeriscono che nei certificati di morte venga indicato, in un campo a parte, l’eventuale presenza di una complicanza prevenibile, scaturita dal percorso di cura del paziente. Oppure potrebbero essere gli ospedali ad effettuare delle indagini indipendenti per valutare il potenziale contributo dell’errore umano nei decessi avvenuti tra i ricoverati.

“Misurare le conseguenze delle cure mediche sugli esiti dei pazienti – affermano gli autori – è un importante prerequisito per creare una vera cultura dell’imparare dagli errori per quindi favorire il progresso della scienza della sicurezza. Una solida metodologia scientifica, che parta dalla valutazione del problema è un punto critico nell’affrontare qualunque rischio per la salute dei pazienti. E’ necessario dunque promuovere un appropriato riconoscimento del ruolo degli errori medici nella mortalità dei pazienti per aumentarne la consapevolezza e indirizzare adeguatamente collaborazioni e investimenti di capitali in ricerca e prevenzione”.

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Sanità: continua la corruzione attraverso nuovi appalti e diversi milioni

Sanità, sotto controllo i nuovi appalti
da 300 milioni . Stop alla corruzione

 Articolo condiviso da il “Corriere Adriatico”
Sanità, sotto controllo i nuovi appalti da 300 milioni Stop a "favori" e mazzette
Trecento milioni di appalti da assegnare tra il 2016 e 2017, più il bando per il Centro unico prenotazioni della sanità marchigiana ancora tutto da elaborare e quantificare, ma finirà con una cifra a molti zeri.
E’ una partita che scotta quella del sistema appalti regionale, perchè tra le mani passano milioni come fossero bruscolini e chi gestisce questo mare di soldi pubblici ha responsabilità enormi e delicatissime.  Un sistema che avrebbe dovuto cambiare volto e impostazione già nel 2012 con l’istituzione della Suam, la Stazione unica appaltante nata per gestire tutti i bandi di gara, seguire l’iter dall’inizio all’aggiudicazione, assicurare la massima trasparenza delle procedure eliminando il rischio infiltrazioni criminali e corruzione, garantendo allo stesso tempo un risparmio importante da riconvertire in servizi. Invece niente.
Gli ostacoli e i rischi La struttura è stata relegata per tre anni in un angolino a gestire gare a corrente alternata con ostacoli amministrativi che ne hanno impedito il corretto funzionamento: tutto il resto invece ha seguito il percorso di sempre mentre a livello nazionale si costruivano regole anticorruzione rigidissime per un settore dove infiltrazioni criminali e rischio di favoritismi possono trovare terreno fertile.
L’inchiesta della Procura di Ancona sui presunti appalti Asur ha aperto una breccia e anche se le responsabilità degli indagati sono ancora tutte da accertare, la Regione ha spinto l’acceleratore sulla Suam: entro la fine dell’anno il personale della Stazione unica appaltante passerà da dodici a diciotto unità. I nuovi appalti Dal 2012 ad oggi sono state tre le gare che hanno seguito l’iter con la Suam per un totale di 30 milioni di euro. Un decimo di quanto la Regione ha messo in bilancio per quattro appalti gestiti dalla Stazione unica per il 2016. Il consigliere Pd Gianluca Busilacchi, che ha seguito la storia della struttura fin dall’approvazione della legge come primo firmatario, ricorda che in ballo c’è l’assegnazione del servizio farmaci, 183 milioni all’anno per tre anni; il bando di gara per i vaccini, un appalto triennale da 20 milioni di euro; l’appalto per le medicazioni generali, servizio quadriennale da 28 milioni di euro e distribuzione di cancelleria, carta e toner per un importo da 9,3 milioni. In ballo c’è anche il maxi appalto per il Centro unico prenotazioni della sanità che però è in fase di elaborazione e quantificazione.
I risparmi Con l’ultimo appalto della Suam la Regione ha risparmiato circa un milione e 300 mila euro. L’importo del bando di gara per la fornitura quadriennale di antisettici e disinfettanti destinati agli enti del servizio sanitario era di oltre 2 milioni e 700 mila euro ed è stato aggiudicati a un milione e 600 mila euro, con un risparmio di circa il 41% rispetto alla spesa precedente.
Questi fondi saranno investiti per migliorare i servizi della sanità. «Considerando che solo nel 2016 andranno a gara le forniture di beni e servizi sanitari per una spesa annuale di circa 230 milioni di euro – sottolinea Busilacchi – è evidente il potenziale risparmio che si potrà ottenere con le procedure di aggiudicazione effettuate tramite Suam». Il sigillo di Cantone La Stazione unica appaltante rientra fra i 34 soggetti aggregatori in Italia riconosciuti dall’Autorità anticorruzione che consente alla Regione di attingere al fondo nazionale che nel 2015 era 10 milioni di euro e dal 2016 di circa 20 milioni di euro annui. Le Marche nel 2012 sono state la seconda regione dopo la Calabria a istituire la Stazione unica appaltante, sulla scorta di un decreto della presidenza del Consiglio per il piano straordinario contro le mafie e che invitava appunto gli enti regionali a creare stazioni appaltanti per la trasparenza negli appalti pubblici.
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